mercoledì 25 maggio 2016

Fiano di Avellino, Rocca del Principe, 2010

Di Antonio Indovino
 
Fiano di Avellino DOCG,
Rocca Del Principe, 2010


Ci troviamo in Contrada Arianiello a Lapio, un piccolo borgo sulle colline della verde Irpinia.
Un luogo dalla doppia anima dove si produce anche Taurasi, ma comunque il comune più vitato a Fiano di Avellino e considerato da sempre un Cru d'elezione.
L’Azienda Vitivinicola Rocca del Principe nasce qui nel 2004, per volontà di Ercole Zarrella, sua moglie Aurelia Fabrizio ed il fratello Antonio.
Figli di contadini e viticoltori da sempre, dopo lunghi anni trascorsi a conferire le uve a terzi, decidono di mettersi in gioco iniziando a vinificare ed imbottigliare le proprie uve: una scelta coraggiosa sulla scia di quanto fatto in precedenza da Clelia Romano, insieme alla quale, oggi, vengono riconosciuti come le 2 realtà più rappresentative di questo areale.
Ercole Zarrella, supportato in cantina da Carmine Valentino,  si prende cura di 10 ettari di vigne (impiantate tra il 1990 ed il 2011), 5 dei quali coltivati a fiano (la restante parte ad aglianico), collocate lungo le pendici del colle Arianiello, ad un altitudine compresa tra i 500 ed i 600m slm.
La diversa esposizione lungo i due versanti, ed il suolo dalla matrice sì argillosa, ma con riporti di natura vulcanica (in prevalenza limo, sabbie, arenarie e pomici) sempre più consistenti man mano che si sale lungo il versante nord-est nelle vigne più in alto, ci fanno intuire il grande lavoro nel diversificare sia la conduzione che le diverse epoche di vendemmia dei vari appezzamenti.
In ogni caso tutte le operazioni che avvengono in vigna sono orientate ad ottenere basse rese, alti livelli qualitativi e comunque rispetto dell'ambiente: raccolta svolta rigorosamente a mano, potature verdi e diradamento nelle annate più generose, unitamente a diserbamenti esclusivamente meccanici, concimazioni organiche ad anni alterni e lotta integrata per i trattamenti fitosanitari.

Di seguito vi riporto le mie personali impressioni sul Fiano di Avellino dell’Azienda Rocca del Principe. Ho avuto la fortuna di degustare una bottiglia del millesimo 2010, una delle ultime annate in cui è stata vinificata anche la vigna più in basso (500m slm), quella a Contrada Campore, dal suolo quasi completamente argilloso, ed esposta a sud-est: esclusa dall’assemblaggio a partire dall’annata 2013 e successivamente convertita ad Aglianico.
È un vino ottenuto dalla vinificazione in acciaio di uve Fiano in purezza, allevate a spalliera con potatura a Guyot singolo e doppio, con una densità d'impianto di 3000 ceppi/ha e rese intorno ai 60 q/ha.
Successivamente alla pigio-diraspatura il mosto fiore viene chiarificato  a freddo e fatto fermentare a temperatura controllata per circa 40 giorni. 

Dopodiché, stabilizzato per impedirne la fermentazione malo-lattica, il vino ottenuto viene lasciato in acciaio sulle fecce fini per ulteriori 8 mesi, cui seguono un affinamento minimo in bottiglia di 4 mesi prima della commercializzazione.

Alla vista si presenta con una vivace e carica tonalità paglierina tendente al dorato, dal buon estratto per il suo incedere lento e composto nelle roteazioni del calice.
Al naso trovano spazio al contempo richiami di albicocca matura ed arancia amara, fiori di ginestra, anice, timo, iodio, nocciola tostata ed un accenno di idrocarburi. Al sorso è intenso, ricco ed avvolgente, ben sostenuto da una grande freschezza ed una piacevole e stimolante scia sapida, con una lunga chiusura di bocca che richiama con coerenza le tostature e le note vegetali.

Ho avuto modo di apprezzare questo Fiano di Avellino in un calice di media grandezza, intorno ai 10/12°C,  dopo averlo stappato con un'oretta di anticipo.
Personalmente lo abbinerei ad un "Risotto ai Cipollotti con Provola affumicata ed Arancia amara".


Prezzo in enoteca: 10-15€ (per la ultime annate in commercio)
Contatti: www.roccadelprincipe.it

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina


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mercoledì 18 maggio 2016

Furore Bianco, Marisa Cuomo, 2015

Di Antonio Indovino

Costa d'Amalfi DOP, Furore Bianco, Marisa Cuomo, 2015
 
Ci troviamo nella splendida ed affascinante cornice della Costiera Amalfitana, esattamente nel fiordo di Furore, un'enclave nell'enclave (mi si perdoni il gioco di parole) della Campania vitivinicola, unica non solo per l'impatto estetico, ma soprattutto per la morfologia del suolo.
Qui la coltivazione della vite ha radici antichissime, riconducibili sicuramente alla Roma Imperiale, ed era praticata e riconosciuta come fonte di ricchezza anche nel medioevo: tant'è vero che gli invasori longobardi, per avere la meglio sulle popolazioni locali ed indurli a fuggire via mare, distrussero tutti i loro vigneti.
Qui, lungo i declivi di rocce dolomitico-calcaree (di origine Mesozoica) con forti contaminazioni vulcaniche, sono aggrappate, nel senso stretto del termine stesso, le storie di uomini e di viti che dimorano nei terrazzamenti strappati alla roccia, sospesi tra cielo e mare: storie di viticoltori che hanno saputo tirar fuori elementi di forza dai punti deboli di un territorio!
Qui, in un contesto privo di influenze o contaminazioni internazionaliste, in cui si è scampati all'attacco della fillossera, vengono allevate in maniera eroica varietà rigorosamente autoctone.
Sono queste le circostanze in cui le Cantine Marisa Cuomo sono state fondate nel 1980 e dedicate da Andrea Ferraioli alla moglie Marisa Cuomo come regalo di nozze.
Sono sì imprenditori, ma al contempo motori della loro azienda, di cui curano e seguono nei minimi dettagli tutte le singole fasi della lavorazione, cercando di unire innovazione e tradizione.
In realtà la famiglia di Andrea, i Ferraioli, sono stati da sempre produttori di vino. Lo testimoniano un torchio risalente al XVI secolo ritrovato in un casolare di loro proprietà, ed il marchio Gran Furor Divina Costiera ideato nel 1942 da un suo zio al fine di favorire la vendita dei vini della Costa di Furore.
Tale marchio è stato rilevato successivamente da Andrea con l'intento di dar vita ad una produzione di vini di qualità indiscussa e, lo si ritrova tutt'oggi sulle etichette dei vini Marisa Cuomo.
Insieme alla moglie Marisa, alla collaborazione dell’enologo Luigi Moio, dell'agronomo Antonio Gaetano Carrano ed al supporto negli ultimi anni dei figli Raffaele e Dorotea, Andrea è riuscito a creare un brand simbolo dell’enologia italiana molto conosciuto anche a livello internazionale: un brand associato a vini appassionati che sanno di roccia e di mare, un capolavoro di equilibri (cit. Luigi Veronelli).
Non'è stato semplice, in quanto oggi fare impresa è difficile, e farlo al Sud lo è ancora di più. 
Attualmente l'Azienda vinifica le uve di circa 30ha di vigne (in parte di proprietà, in parte in affitto) dislocate nei comuni di Cetara, Conca dei Marini, Furore, Praiano, Ravello, Scala e Vietri sul Mare, per una produzione che si attesta intorno alle 115.000 bottiglie.

Ho avuto la fortuna di degustare la nuova annata del Furore Bianco.

È un vino ottenuto dalla vinificazione in acciaio di uve Falanghina e Biancolella (nelle rispettive percentuali del 60 e 40%) allevate a pergola e spalliera sui terrazzamenti dolomitici-calcarei di Furore,  con una densità d'impianto di 2500/3000 ceppi/ha e rese intorno agli 80 q/ha.

Di seguito vi riporto le mie personali impressioni.
Il vino si presenta con una veste dalla vivida tonalità paglierina e dai riflessi verdolini.
Al naso sprigiona intensi profumi di mango e lime, seguiti da note di biancospino, di macchia mediterranea, iodate, gessose e di mandorla amara.
Il sorso è d'impatto e discretamente morbido, sorretto da una grande freschezza e salinità ed una lunga e piacevole chiusura di bocca che richiama con coerenza le note fruttate ed erbacee.

Ho avuto modo di degustare il Furore in un calice di media grandezza ed apertura ad una temperatura compresa tra i 10 ed i 12°C.
Personalmente consiglierei l'abbinamento di questo vino "cult" della Costiera (e non solo) ad un piatto altrettanto emblematico e rappresentatore della stagione estiva: gli Spaghetti alla Nerano.


Prezzo in enoteca: 15-20€
Contatti: www.marisacuomo.it

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina


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martedì 10 maggio 2016

Bue Apis, Cantina del Taburno, 2004‏

Di Antonio Indovino

Aglianico del Taburno DOCG, Bue Apis, Cantina del Taburno, 2004

Ci troviamo nel beneventano, alle pendici del Taburno Camposauro: un massiccio calcareo isolato dell’Appennino campano ad ovest di Benevento, separato dai promontori del Matese dalla Valle Telesina, e dai monti del Partenio dalla valle Caudina.
La Cantina del Taburno è di proprietà del Consorzio Agrario di Benevento, fondato il 23 Giugno del 1901, che, con il suo fondamentale ruolo socio-economico in oltre un secolo di attività, si è reso il punto di riferimento degli agricoltori locali ed il responsabile dello sviluppo dell’agricoltura sannita. La Cantina, situata nel comune di Foglianise, è stata realizzata nel 1972 con lo scopo di divenire  il nesso tra i 300 viticoltori e la valorizzazione delle uve provenienti da circa 600 ha di vigne distribuite nei territori dei comuni ubicati alle pendici della montagna: Foglianise, Torrecuso, Vitulano, Campoli del Monte Taburno, Castelpoto, Apollosa, Bonea, Montesarchio, Ponte, Tocco Caudio, Paupisi e Benevento.
L’ecosistema viticolo di tale territorio è molto singolare per la natura e l’esposizione di questi terreni collinari, argillosi e calcareo-marnosi: presupposto alla base di una viticoltura volta alla produzione di vini di qualità!
La rigorosa assistenza tecnica, fornita alle aziende viticole da un nutrito gruppo di agrotecnici, costituisce l’essenza odierna della Cantina del Taburno, il cui scopo è valorizzare al massimo il lavoro e l'esperienza dei singoli coltivatori e potenziare l'attività di ricerca, con l'intento di ottenere la massima espressione qualitativa degli storici vitigni della zona. I vini che vengono prodotti in azienda sono il risultato di un minuzioso e rigoroso lavoro di ricerca viticola ed enologica di Filippo Colandrea e Luigi Moio.
 

Quest'oggi ho avuto la possibilità di degustare il Bue Apis 2004.
È un vino prodotto dalla vinificazione di Aglianico Amaro in purezza proveniente da una vigna centenaria lungo la Dormiente del Sannio, allevata a raggiera libera, ubicata in contrada Pantanellaa 350 metri s.l.m.
Le uve, raccolte manualmente nella prima decade di novembre, vengono vinificate ed elevate per 24 mesi in barriques di castagno e rovere, nelle quali fermentano a contatto con le bucce per 40 giorni.
Successivamente il vino viene fatto affinare per almeno un anno in bottiglia prima della commercializzazione.

Nel calice il vino si presenta con una veste granata impenetrabile, di grande consistenza e vivacità di colore.
Il naso è di grande impatto e stratificato. Si riconoscono sentori di frutta in primis, la marasca sotto spirito e la confettura di more, poi seguono note che ricordano il cuoio, il tabacco, il caffè, il pepe, l'humus, ed infine note balsamiche e di incenso.
In bocca ha una buona morbidezza cui fanno da contr'altare una grande freschezza, una piacevole sapidità ed un tannino dalle spalle grosse ma perfettamente integrato, lì al suo posto a sorreggere la struttura di questo grande vino. Notevole è la persistenza gusto-olfattiva, con richiami balsamici e fruttati, che completa il profilo di un vino assolutamente armonico, maturo e di grande equilibrio, da poter gelosamente conservare ancora in cantina per gli anni a venire.
 


Personalmente ho avuto modo di apprezzare in pieno il Bue Apis in un ampio calice ad una temperatura di 18/20°C, stappato circa 3 ore prima di degustarlo. Ne consiglierei l'abbinamento con un piatto di grande personalità come i Mugliatielli al Ragù.

Prezzo in enoteca: 40-45€ (per le ultime annate in commercio)
Contatti: www.cantinadeltaburno.it

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina


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