martedì 29 novembre 2016

Vigna del Pino, Agnanum, 2003

Di Antonio Indovino

Campi Flegrei Falanghina DOC, Vigna del Pino, Az. Agr. Agnanum di Raffaele Moccia, 2003

Avendo già parlato precedentemente dell'Azienda, ed in particolare del "Vigna delle Volpi" (link), riporto dalla scheda precedente le informazioni di natura storica ed il contesto orografico.

L’azienda Agricola Agnanum è situata sulle colline vulcaniche della Riserva naturale degli Astroni, nel Parco Regionale dei Campi Flegrei, lungo il versante che volge verso l'Ippodromo di Agnano dove si estende per circa 7 ettari.
L'avventura è iniziata nel 1990, anno in cui Raffaele Moccia, da sempre appassionato di viticoltura, mette in atto un'accurato piano di recupero del vigneto impiantato nel 1960 dal papà Gennaro. L'entusiasmo e la passione per il buon vino trasmesse dal padre hanno spinto Raffaele a rinunciare alla libera professione di "agrotecnico", per seguire l’azienda da vicino con lo scopo di valorizzare appieno le risorse vinicole di questa area. Tanto e duro laroro, rigorosamente manuale, quello svolto sugli ardui terrazzamenti sabbiosi.
La conduzione agronomica è quindi a cura dello stesso Raffaele, la cui filosofia è "poche bottiglie ma buone", ed in cantina lo affianca l'enologo Gianluca Tommaselli.


Veniamo al Vigna del Pino 2003
È ottenuto dalla vinificazione di Falanghina in purezza allevata a spalliera puteolana, con rese di 70q/ha, sui terrazzamenti sabbiosi alle pendici della Riserva Naturale degli Astroni.
Maurizio De Simone (al tempo enologo dell'azienza) vinificò una parte della massa in un'unica barrique e la restante in acciaio, per poi assemblare ed uniformare il tutto ad un'anno dalla vendemmia. 4000 furono le bottiglie prodotte, delle quali ormai si è perso traccia al di fuori della cantina di Moccia.

Nel calice il vino si presenta con una vivida veste dorata dai sorprendenti bagliori verdolini.
Al naso si offre raccontandoci tutta la sua evoluzione in bottiglia. 
Etereo è il primo impatto, con delle note di lacca ed idrocarburi, seguono profumi di resina e cera d'api, ed infine albicocche sciroppate ed infuso di camomilla.
Il sorso è teso ed avvolgente, sorretto ancora da una buona dose di freschezza e sapidità, con una chiusura di media lunghezza che indugia soprattutto sui toni fruttati.

Ho avuto modo di apprezzare il Vigna del Pino 2003 in un calice abbastanza voluminoso intorno ai 12°C, ad un banco d'assaggio al quale era stato stappato un'oretta prima da Raffaele in persona.

Personalmente lo abbinerei ad un piatto alquanto semplice
, ma di gran gusto, dove la morbidezza del vino può ben bilanciare la nota ematica della Palamita, l'acidità del limone e l'amaro del peperone crusco essiccato:

la "Zuppa di Pesce Azzurro, Limone e Camomilla".  

Prezzo in enoteca: 15-20€ (per le ultime annate in commercio)
Contatti: www.agnanum.it 


Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina


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martedì 15 novembre 2016

Katà, Cantine Olivella, 2015

Di Antonio Indovino

Catalanesca del Monte Somma IGP, Katà, Cantine Olivella, 2015
 
Ci troviamo a Sant’Anastasia, sul versante nord del Parco Nazionale del Vesuvio a circa 450m d'altitudine, ai piedi del Monte Somma: la parte più antica del vulcano.
La località si chiama esattamente "Cupa dell'Olivella". Prende il nome dalla fonte omonima d'acqua sorgiva che, 2000 anni orsono, veniva sfruttata per abbeverare gli allevamenti di bestiame e come fonte di irrigazione di sostegno per l'agricoltura e la viticoltura nelle zone limitrofe, nonchè per rifornire (nel 1700) la Reggia di Portici grazie ad un antico acquedotto romano.
La morfologia del suolo dell'areale vesuviano veniva già riconosciuta dagli antichi romani come l'habitat ideale per la viticoltura, tant'è vero che i vini più pregiati dell'impero venivano prodotti proprio qui e successivamente trasportati nella capitale. Questa tesi è stata ulteriormente confermata nel corso degli anni da vari rinvenimenti di reperti storici, tra cui un frammento di un orcio vinario in terracotta (dolium) che riporta impresso il nome del produttore (Sextus Catius Festus) ed il sigillo (una foglia di vite stilizzata).
Tanta passione unitamente ad una tradizione si di famiglia, ma radicata in millenni di storia, nonchè l'unicità del contesto e dell'ampelografia locale. Sono questi i moventi che nel 2004 hanno spinto 3 amici a dar vita all'Azienda Cantine Olivella.
Andrea Cozzolino, Ciro Giordano e Domenico Ceriello hanno tratto spunto dalle vicissitudini storiche per la scelta del nome e del logo dell'azienda. Da sempre sono stati strenui sostenitori e difensori della caparbietà dei contadini del posto, grazie ai quali, dal 2004 è iniziato un lento ed accurato censimento delle vigne per recuperare gli antici vitigni autoctoni scampati alla fillossera grazie alla matrice vulcanico-sabbiosa del suolo.
E' singolare, quanto poco conosciuta, la tecnica (utilizzata anche dall'azienda) con cui viene conservato il DNA originario e allo stesso tempo "rigenerate" le vecchie vigne che cominciano ad essere improduttive: vengono scavati dei solchi profondi 1 metro e paralleli ai filari, nei quali vengono interrate le viti lasciando emergere solo i tralci portatori delle nuove gemme.
In questo modo, diventa meno oneroso il rifacimento del vigneto che resta improduttivo per 1 solo anno.
L'Azienda Agricola Cantine Olivella ha fatto della rivalutazione delle uve locali il proprio motto: è soprattutto grazie al loro sforzo che si è giunti all'iscrizione della Catalanesca tra le uve "da vino" ed arrivare all'imbottigliamento della IGP Catalanesca del Monte Somma.
Uno dei 3 soci, Ciro Giordano, è stato eletto Presidente del Consorzio Tutela Vini Vesuvio e da subito ha iniziato a lavorare per la stesura di un nuovo Disciplinare di Produzione (presentato in occasione del Vinitaly 2016 e sul quale lavora dal 2012 con l'aiuto ed il supporto delle altre aziende iscritte alla DOP Vesuvio), per soppiantare un protocollo vecchio ormai 33 anni e, valorizzare ulteriormente la produzione di vini di qualità del territorio come da filosofia della sua azienda e di altre identità territoriali.
Attualmente Cantine Olivella produce circa 60000 bottiglie, ottenute dal duro e rispettoso lavoro in 12 ha di vigne (in parte di proprietà ed in parte in affitto), sotto la conduzione enologica di Fortunato Sebastiano che si occupa della trasformazione di varietà rigorosamente locali: Aglianico, Caprettone, Catalanesca, Olivella Nera e Piedirosso.

Di seguito vi riporto le mie personali impressioni sul Katà, vino simbolo di Cantine Olivella.
E' un vino ottenuto dalla vinificazione di Catalanesca in purezza, allevata con una densità di 4000 ceppi/ha, a spalliera e con potatura a Guyot, su suolo vulcanico-sabbioso e rese di 60 q/ha.
 

Questa uva deve il suo nome alla sua origine geografica: fu importata alle pendici del Somma Vesuvio dalla Catalogna, da Alfonso I d'Aragona nel XV secolo, e impiantato sulle pendici del Monte Somma.
Singolare è la scelta del nome del vino e dell'etichetta.
Katà è inanzitutto il diminutivo di Catalanesca, dall'etimologia Greca sta a significare "sotto" (il Vesuvio), in Giapponese invece "virtù" (con riferimento al singolare contesto ampelografico in cui viene allevata). L'etichetta, come quella di tutti gli altri prodotti aziendali, è un omaggio all'arte Vesuviana di Olimpia Fontanelli.

La vinificazione avviene esclusivamente in acciaio, con una permanenza sulle fecce fini di circa 4 mesi. Successivamente il vino viene filtrato a freddo ed imbottigliato, per una sosta in vetro di 3 mesi prima della commercializzazione. 

Calice alla mano ci troviamo di fronte ad un vino dalla luminosa veste paglierina e di buona consistenza.
Al naso è sottile ed elegante. Si avvertono profumi di albicocca non perfettamente matura, di timo e foglia di pomodoro, di mandorla amara, di ceralacca e pietra focaia.
Al sorso si evincono un discreto equilibrio ed un corpo di media struttura. Morbido e con una buona percezione pseudocalorica, gioca le sue carte principalmente su freschezza e sapidità. Piacevole è la chiusura di bocca che richiama in parte le note fruttate ed eteree.
 

Ho avuto modo di apprezzare il Katà in un calice di media grandezza, intorno ai 10/12°C.
Personalmente lo abbinerei ad un piatto di "Zucca e Topinambur grigliati, con salsa al salmoriglio".


Prezzo in enoteca: 5-10€ 
Contatti: www.cantineolivella.com

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina


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